A Stifone (TR), un minuscolo borgo medevale in riva al fiume Nera nei pressi di Narni (TR), avete di fronte un caso esemplare di "concorso in creazione di paradiso terrestre" tra uomo e natura:

da un lato la valle del fiume Nera, una gola scavata nella montagna calcarea, il cui ventre è ulcerato da miriadi di cavità, che si aprono all'esterno in sorgenti carsiche, che immettono, direttamente nel fiume acqua cristallina e purissma, dai colori fiabeschi tra blu cobalto e il verde e dall'altro un borgo medievale rivierasco (Stifone), una serie di antichi mulini, dighe e centrali idroelettriche abbandonate e le relative vasche di ritenzione utili a ricavare forza motrice e energia idroelettrica.

LA CENTRALE DI NERA MONTORO (1915)
LA CENTRALE DI NERA MONTORO (1915)

L'industria vicino al fiume, il suo luogo di origine

MULINO ANTICO SULLE SPONDE DEL NERA
MULINO ANTICO SULLE SPONDE DEL NERA

Si va a ritroso nel tempo: le forme di antichi opifici

acqua cristallina, pietra... e arte
acqua cristallina, pietra... e arte

I mulini in pietra e le acque cristalline delle sorgenti che li alimentano sono uno scenario di ispirazione

Finestra sull'acqua
Finestra sull'acqua

Natura e uomo in concorso di creazione di paradiso terrestre

Slargo del fiume
Slargo del fiume

All'altezza dei mulini e della centrale idroelettrica il fiume si allarga

IL PORTO (ETRUSCO ?)
IL PORTO (ETRUSCO ?)

Una fondazione dalla forma del tutto particolare, un rimpicapo per gli studiosi

SOTTO MONTE SANTA CROCE
SOTTO MONTE SANTA CROCE

Passaggio sulla ferrovia dismessa Roma-Ancona

ARRIVIAMO AL BORGO DI STIFONE
ARRIVIAMO AL BORGO DI STIFONE

Incastrato tra la gola rocciosa e il fiume

GLI IMPIANTI ABBANDONATI DELLA CENTRALE IDROELETTRICA PROGETTATA DALL'INGEGNER NETTI
GLI IMPIANTI ABBANDONATI DELLA CENTRALE IDROELETTRICA PROGETTATA DALL'INGEGNER NETTI

La sorgente sbarra e turbina le acque cristalline della sorgente della "Morica"

colori da laguna blu
colori da laguna blu

Acque sorgive carsiche con alta concentrazione di sali, non potabili, non balneabili, ma semplicemente incantevoli

STIFONE IL BORGO
STIFONE IL BORGO

Stifone è un minuscolo borgo in pietra incastrato tra la montagna e il fiume, anche quì il tempo sembra essersi fermato

BORGARIA
BORGARIA

Risaliti dal profondo delle gorge del Nera, ci troviamo sulle dolci onulazioni della campagna del "contado" narnese dove si ripropone l'eterna dicotomia Sabina, tra borghi medievali arroccati su picchi rocciosi e la campagna, più in basso, dove il paesaggio agricolo veniva modellato

STRADE CAMPESTRI
STRADE CAMPESTRI

Osservazione delle piante lungo il percorso, cambia il suolo, cambia (un pò) la vegetazione..

VITE E OLIVO CONSOCIATI
VITE E OLIVO CONSOCIATI

Rimane traccia dell'agricoltura del passato nei piccoli appezzamenti di coltura consociata, che un tempo erano il fondamento dell'agricoltura mezzadrile

VITE E OLIVO CONSOCIATI
VITE E OLIVO CONSOCIATI

Ancora scorci di campagna/giardino

TRA I FILARI
TRA I FILARI

Ancor più immersi nel paesaggio

CHIESA DI SANTA PUDENZIANA
CHIESA DI SANTA PUDENZIANA

Incontriamo stupende e antichissime chiesette campestri, come Santa Pudenziana costruita in parte con blocchi provenienti da una villa romana, queste pievi campestri sono state centri di riorganizzazione del paesaggio agrario dopo la caduta dell'Impero.

FILARI DI QUERCE
FILARI DI QUERCE

Doppi filari di querce, ancora come da tradizione, bordano le strade. Erano confine, segnavia, fonte di ghiande e legna, di ombra, di lettiera e frasca per gli animali, oggi sembrano inchinarsi per salutarci!

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Unica pecca, una sorta sensazione di "claustrofobia", perchè tutto questo paradiso si trova a poche centinaia di metri a monte dell'area industriale di Nera Montoro, che cozza traumaticamente con le nostro senso estetico Pensandoci bene però, anche questa immane spianata di capannoni forse quì è una nota, certamente lancinante, ma un pochino meno stonata, visto che l'industria ha radici antiche, in queste contrade.

Luogo di ritrovo per questa camminata: le campagne dell'antico Ager Narnese, a sud di Narni. Narni è città incantevole, borgo monumentale in pietra arroccato in posizione dominante sulle Gole del Nera e sulla conca di Terni. E' stata città italica (Nequinum) del popolo della Nera: i "Naharti", un popolo umbro ma nemico degli umbri e dei romani, che per questo venne cancellato, quando i Romani stessi fondarono, dove ora si trova Narni, Narnia, nel 299 a.c., una delle loro più importanti colonie, lungo la via Flaminia.
Narni, anche nel Medioevo, fu padrona della Flaminia. Città dallo spirito indipendente e ribelle, libero comune sin dagli albori, guelfo e poi ghibellino, in perenne lite con il Papa, il quale non sopportava il tracotante rifiuto della sottomissione all'autorità della Chiesa e ancora meno l'egemonia politica e l'invadenza del castello narnese verso le comunità circostanti.

Ancora oggi si celebrano i fasti del medioevo Narnese, l'orgoglio medievale rivive nelle rievocazioni, come la corsa dell'anello. Si perchè dal '400 in avanti Narni vide un graduale inesorabile declino della sua fortuna, tanto che gli storici parlano di una vera rinascita solo a fine '800 - primi nel '900 con l'avvento dell'era industriale.Ed è proprio da quì che iniziamo il nostro cammino, muovendoci a ritroso nel tempo. 

Fa freddo e con passo svelto, per scrollarci di dosso il torpore, prendiamo un sentiero che descrive una curva in discesa, una sorta di invito all'imbocco delle gole del Nera. In basso si estende l'area industriale di Nera Montoro, la cui prima pietra fu posata negli anni '30, come centro residenziale per i dipendenti della "Terni - Società per l'Industria e l'Elettricità" e per quelli della Centrale di Nera Montoro, che a questa forniva l'energia e che era stata cotruita nel 1915 e ampliata giusto nel 1929.

Arrivati in fondovalle, ecco il Nera. Poco più in là un signore che stava tagliando l'erba, ci invita a visitare casa sua: un antico mulino, forse dei primi novecento, ma forse molto più antico. Un fuori programma esaltante, l'intenzione era già quella di vedere il sistema dei mulini del Nera, ma non ci aspettavamo di poterli vedere dall'interno: posati sulla sponda del fiume, prendono acqua da sorgenti laterali, che sfociano subito dopo essere passate sotto gli edifici per alimentare il meccanismo idraulico. Si tratta di sorgenti carsiche quindi di acqua purissima e trasparente, che riversandosi in uno slargo del fiume simile ad un'insenatura, ricreano uno scenario da spiaggia caraibica. Non è la prima volta che ci imbattiamo in monumenti della civiltà fluviale antica, ma questo scenario dai colori fiabeschi ci lascia letteralmente senza parole.

Lasciato questo luogo paradisiaco, a neanche un kilometro a monte, ci imbattiamo in un'altro mistero: quello del cantiere navale romano di Stifone, si trova proprio sotto al ponte della Strada che unisce Orte a Narni. Ecco, ci produciamo in un salto di 2000 anni indietro e forse molto di più, dato che il cantiere e l'annesso porto da alcuni studiosi sono ritenuti addirittura di epoca Etrusca. Si vede bene uno scavo allungato in direzione del fiume e con pareti verticali, una lunga trincea che è ritenuta essere il bacino di carenaggio dove si costruivano gli scafi e si vedono anche delle fondazioni sul fiume che potrebbero essere relative ai manufatti per l'allagamento o l'asciutta del canale nonchè strutture per l'attracco delle imbarcazioni. Una ricostruzione affascinante della storia di questi luoghi, che comunque è oggetto di vivace dibattito tra gli archeologi, ci è data dallo studioso Alvaro Caponi in un libro scaricabile quì.

Risaliti dal fiume prendiamo una strada realizzata sulla sede dei binari della ferrovia dismessa Roma-Ancona, sopra di noi il Monte Santa Croce. Anche questo ha partecipato all'epopea industriale di Narni. Siamo al XVIII Sec. sotto Papa Clemente Xi, e a Stifone si decide di costruire una ferriera, perchè il Monte Santa Croce abbonda di ferro, sotto forma di vene di limonite pisolitica, minerale residuale che si forma, anche nei calcari, per dissoluzione del carbonato di calcio in ambiente tropicale o sub tropicale (eh si, quelle rocce calcaree si sono formate 200 milioni di anni fa, in ambiente di barriera corallina!) e concentrazione delle impurità cariche di ossidi di ferro, che diventano vene di ferro, dalle quali è possibile ricavare il minerale con una resa fino al 30%.. Sopra la nostra testa ancora esiste qualche lacerto di paesaggio minerario: ingressi di cave, casupole di lavorazione che esploreremo in una prossima escursione.

Mentre ricordiamo questa storia arriviamo proprio fino a Stifone, la ferriera, non c'è più, ma sfiliamo di fronte alle vestigia dei molini e degli opifici che sfruttavano il movimento dell'acqua per darsi energia. La ferriera, come la gualcheria, che lavorava la lana per fabbricare il panno, aveva bisogno dell'acqua, per muovere i magli e i martelli per la battitura della rispettiva materia prima, mentre, come noto, i mulini azionavano, tramite il moto idraulico, le macine per le sementi e i frantoi per l'olio, c'erano anche le segherie idrauliche, a Stifone.

Ultima in ordine di apparizione: la produzione di energia elettrica. Dal borgo ci inoltriamo lungo la sponda, tra rovine di mulini, e molteplici sorgenti che provengono dalla montagna, fino alla diga, che un ingegnere proprio di Stifone, Aldo Netti, nel 1893, ha costruito, con andamento parallelo al fiume, per sbarrare e turbinare le acque della maggiore sorgente, denominata, la Morica, oggi la diga è sommersa a causa del rigurgito provocato dalla diga del Nera più a valle, che alimenta la centrale di Nera Montoro che abbiamo già incontrato. Lo specchio d'acqua chiuso dalla diga è di nuovo una vista mozzafiato, si vede il fondo a più di 10 metri sotto e fa impressione sapere che quello che esce direttamente dalla montagna è un vero è proprio fiume che erompe alla portata impressionante di poco meno di 10 m cubi/secondo.

Studi idrogeologici hanno calcolato la portata dell'insieme delle sorgenti di Stifone, un valore attorno ai 13-15 metri cubi/secondo e provato a capire da dove viene l'acqua. Infatti i conti non tornano: tutto il massiccio dei monti di Narni e Amelia, secondo questi calcoli, arriverebbero a contribuire per soli 2 metricubi/secondo alla portata delle sorgenti e altrettanto si stima per i massicci dei monti Sabini e Martani. La conclusione è che Stifone è probabilmente alimentato da un bacino idrografico enorme, si ritiene, ampio più di 1000 km quadrati e ancora oggi la sua estensione è un mistero.

Ebbri di misteri, proseguiamo il cammino risalendo nel contado narnese, lasciandoci alle spalle l'antro delle gole del Nera. Ci incuneiamo nel labirinto di stradelli campestri che innervano il territorio collegando una rete di poderi in pietra, case a corte, torri colombaie, chiesette campestri, borghi rurali. Ammiriamo una campagna rimasta a tratti intatta, quasi a voler mantenere una reminiscenza dell'organizzazione dello spazio propria dell'agricoltura mezzadrile, con le colture consociate di vite, ulivo, orti alberi da frutto, prati, seminativi, ecc..Perchè poco era il terreno a disposizione del contadino e doveva produrre tutto ciò che era necessario al pagamento del canone al proprietario e all'autosostentamento. Fin dall'epoca Romana sembra che quì la campagna fosse molto sfruttata e parcellizzata e molte erano le villae rustiche presenti nei dintorni, oggi non ne vediamo neanche più i ruderi, eccetto singoli elementi che ritroviamo negli edifici medievali che hanno utilizzato i ruderi delle vecchie ville romane come cave di materiale.

Uno di questi è la chiesetta di Santa Pudenziana, stupenda chiesa di origine protoromanica, costruita, possiamo dire, in "arte povera" mettendo assieme, nelle varie rielaborazioni, pezzi di muri, laterizi, ceramiche di varia provenienza, circostanza questa che sembra rinforzare l'idea che questa chiesetta campestre sia nata dalle mani dei contadini, da una necessità della comunità rurale di trovare un centro di gravità, intorno al quale formare la propria identità. Le pievi campestri infatti, volute dal popolo o costruite su mandato dei poteri episcopali o signorili locali, sono stati i primi presidi per la rinascita dei popoli dopo il vuoto lasciato dalla caduta dell'Impero Romano. Nascevano, o prima o in concomitanza con le "massae", semplici aggregati di case contadine senza una struttura di borgo e con pochi o nulli spazi di servizio comunitario. Le pievi, per i contadini locali fungevano da centri educativi, formativi, di amministrazione e pianificazione del territorio, da anagrafe,  da centri di cura, da luoghi di evangelizzazione ed educazione. Un proprietario della zona, che ci ha gentilmente permesso di passare sul suo campo, ci ha riferito che lui andava a scuola dopo la guerra proprio a Santa Pudenziana, evidentemente la funzione originaria delle chiesette campestri, si è mantenuta, anche se con valenze diverse e più complesse, fino quasi ai giorni nostri, la chiesetta è ben descritta, anche negli utilizzi attuali, in questo sito.

Quasi al tramonto prendiamo la via di casa, immersi nel canto di cardellini, fringuelli, capinere, cincie, codirossi e pettirossi, abitatori degli arboreti, preferibilmente vetusti e consociati, le querce lungo le viuzze, piantate come segna confine, sembrano inchinarsi per salutarci. Manca solo la primavera.

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