I tesori etruschi della necropoli di Tarquinia, patrimonio mondiale dell’UNESCO, fanno di questa cittadina una delle emergenze archeologiche più preziose e rinomate al mondo, soprattutto grazie agli spettacolari dipinti delle tombe ipogee, che rappresentano istantanee di una cultura che ha 3000 anni di storia.

 
 
Aquedotto di Tarquinia
Aquedotto di Tarquinia
La maremma
La maremma
Pascoli
Pascoli
Aquedotto del '700
Aquedotto del '700
Colline e canneti
Colline e canneti
Giochi di forme e colori
Giochi di forme e colori
Fossi bordati da canne
Fossi bordati da canne
Archi dell'acquedotto
Archi dell'acquedotto
Tumulo etrusco
Tumulo etrusco
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D’altra parte, arrivando quì a Tarquinia, non si può non rimanere colpiti dallo sconfinato paesaggio di campi ed erba, che si estende intorno a questi tesori archeologici, il cui orizzonte è segnato dal mare da un lato e dalle linee delle colline interne che delimitano la cosiddetta Maremma Laziale. Perdersi nell’immensità è la definizione che forse descrive meglio il sentimento che si prova percorrendo questo paesaggio così aperto, dove gli alberi sono rari. Di primo acchito, la desolazione sembrerebbe padrona, perchè questa distesa appare come il dominio inospitale dell’”industria agricola”, che ha cancellato, ovunque si sia diffusa, ogni ombra di naturalità; ma questo paesaggio in realtà ha radici antiche: è frutto della persistenza delle strutture degli immensi latifondi romani, nati nel basso Impero e rimasti sostanzialmente invariati nel corso dei secoli, diventando le grandi tenute ecclesiastiche e aristocratiche centrate sul paesaggio dei campi ed erba, la coltura dei cereali e l’allevamento, nonchè polo invernale dell’epopea della transumanza. Camminando poi tra dolci e aperte colline, dall’aspetto quasi vellutato, morbidamente modellate da fossi e ruscelli, bordati di canne, ci si imbatte in varie praterie, colture e pascoli dominate di volta in volta da essenze coltivate o selvatiche diverse e si incontra quella comunità animale che predilige proprio l’assenza di copertura arborea per stabilire il proprio habitat. Le tracce della presenza umana, a partire quella Etrusca, attestata nel Pianoro della Cività, l’antica Tarchna, testimoniano la strategia di riservare le alture al popolamento umano, in maniera da poter sfruttare il prezioso e fertile terreno di queste contrade, proteggendosi al contempo dalla malaria: il flagello che da sempre ha condizionato il popolamento umano nelle aree litorali.
 

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