La Sabina è forse, più frequentemente, intesa in riferimento alla sua parte reatina, ma la Sabina è anche romana! Anzi la Sabina, come regione geografica, si estende fin dentro alla periferia stessa di Roma.

 
 
La vetta del monte Gennaro
La vetta del monte Gennaro
Balconata sulla Campagna Romana
Balconata sulla Campagna Romana
Il Pratone del Monte Gennaro dalla vetta
Il Pratone del Monte Gennaro dalla vetta
La falesia della scarpellata
La falesia della scarpellata
Faggi secolari salendo sul Monte Gennaro
Faggi secolari salendo sul Monte Gennaro
Piano carsico del Pratone
Piano carsico del Pratone
Sbocco dei canali carsici sulle piane prative
Sbocco dei canali carsici sulle piane prative
Il pratone con il pellecchia sullo sfondo
Il pratone con il pellecchia sullo sfondo
Valle Cavalera: tratturo di transumanza
Valle Cavalera: tratturo di transumanza
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Anche la sua parte montana: i monti Sabini, hanno un’anima reatina e una romana, quest’ultima rappresentata del gruppo dei Monti Lucretili, oggi riserva naturale della regione Lazio. Si tratta in tutti e due i casi di rilievi calcarei dell’anti-appennino laziale, la cui cifra è data dall’impronta del fenomeno carsico sulle morfologie d’altura, con i tipici pianori carsici, circondati da stupendi boschi secolari di faggio, luoghi di pastorizia fin dal neolitico e le alte pareti calcaree a strapiombo dalla paurosa verticalità. Ma questa parte della sabina montana è unica, perché palesemente investita dall’attrattore della Città di Roma, non solo perché la città è chiaramente visibile dai panorami sul pendio e sulla vetta del Monte Gennaro, ma anche perché è “percepibile” dallo spirito del luogo, impregnato di romanità anche oggi, con i molti romani che salgono qui per passeggiate e pic nic. Il paesaggio rivela la connessione inestricabile tra “la montagna di Roma” e la “Campagna”, il reame dei Savelli e delle altre grandi e nobili famiglie romane, perennemente in lotta fra loro per un posto al sole tra i quadri delle alte gerarchie ecclesiastiche e lo fa attraverso i segni dell’antica transumanza: i tratturi, gli abbeveratoi, gli stazzi, i muri a secco e, ovviamente, le vacche maremmane, dalle grandi corna, antichissime e miti protagoniste del paesaggio, perfettamente adattate alle condizioni ambientali non facili di questi luoghi.

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